L'obbligo di sorveglianza contro la negligenza dei lavoratori

17/12/2010
Autore: Ing. Andrea Ravanelli

L'obbligo di sorveglianza contro la negligenza dei lavoratori 

La negligenza dei lavoratori rispetto all'obbligo di sorveglianza sanitaria

 

 

In relazione alla più classica delle domande che un Datore di Lavoro pone a sè stesso ed ai suoi consulenti, ovvero fino a che punto debba spingersi il controllo dell'operato dei propri dipendenti e quando invece si possa parlare di cattiva condotta del lavoratore, ci viene in aiuto la sentenza n. 32357 del 26 Agosto 2010 della Cassazione Penale. Invito a dedicare qualche minuto alla lettura completa del presente estratto e dei successivi commenti, che ritengo possano essere chiarificatori di molti dubbi.

Il responsabile dei lavori ed il delegato alla sicurezza di una ditta appaltatrice nonché il titolare di una impresa subappaltatrice, operanti in un cantiere edile oggetto di alcuni lavori di ristrutturazione di un fabbricato, sono stati ritenuti responsabili, per colpa generica e specifica, di un infortunio sul lavoro occorso ad un lavoratore dipendente della ditta subappaltatrice il quale, scivolando su di una scala in muratura posta a ridosso dell'area di cantiere e sprovvista di corrimano, precipitava da un'altezza di circa tre metri rovinando violentemente al suolo procurandosi lesioni dalle quali derivava una malattia ed un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni.

Nel corso delle indagini veniva accertato che il lavoratore aveva preferito utilizzare tale scala per scendere a terra per raccogliere il berretto strappatogli da una folata di vento anziché servirsi di quella di cantiere appositamente predisposta all'interno dell'impalcatura. La responsabilità degli imputati veniva ravvisata a causa della riscontrata pericolosità della scala in muratura, sulla quale l'infortunato stava lavorando, scala posta a ridosso immediato dell'impalcatura di cantiere, composta di gradini in pietra parzialmente sconnessi e priva di qualsiasi ringhiera o parapetto di protezione dal rischio di caduta ed utilizzata tra l’altro, sia pure saltuariamente, anche da altri lavoratori. La sentenza di condanna degli imputati è stata confermata dalla Corte di Appello la quale, nel raccogliere in toto l'impostazione fatta dal Tribunale, ha affermato che la scala suddetta, alla luce delle sue caratteristiche, era in concreto funzionale al cantiere per cui sussisteva l'obbligo di metterla in sicurezza contro il rischio di cadute di persone e l’obbligo di adottare le cautele prescritte dalla normativa di prevenzione che se, tempestivamente adottate, avrebbero certamente evitato l'evento lesivo.

I due imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione ponendo innanzitutto in evidenza che nella circostanza doveva riconoscersi l' abnormità del comportamento imprudente del lavoratore il quale, in maniera del tutto inopinata, per andare a prendere il cappello che era volato via a causa del vento, si era servito di una scala non ricompresa nel cantiere ed esterna ad esso. Gli stessi hanno fatto, altresì, presente, a scarico delle loro responsabilità, che nell'istruttoria espletata era stato escluso l'utilizzo della scala suddetta da parte degli altri operai ed era stato anzi dimostrato che ai lavoratori era stato vietato di usare la stessa in quanto dovevano servirsi delle scale interne all'armatura.

I ricorsi degli imputati sono stati però ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione  la quale in primis ha tenuto a ricordare in propositoil principio, assolutamente pacifico, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è in effetti escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è ‘garante’ anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela (cfr. Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 8, articolo 18, comma 1, lettera f)”. “In altri termini”, prosegue la Corte di Cassazione, “il datore di lavoro, quale diretto responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa prevenzionale e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarsi ad essa anche instaurando prassi di lavoro magari di comodo, ma non corrette e foriere di pericoli (cfr., di recente, Sezione 4, 28 febbraio 2008, Leonardi; nonché, Sezione 4, 8 ottobre 2008, Proc. gen. App. Venezia in proc. Dal Tio)” e quindi “in questa prospettiva, si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore (cfr. Sezione 4, 5 giugno 2008, Stefanacci ed altri)”

Il parere della Corte di Cassazione è già estremamente chiaro senza bisogno che venga aggiunto alcun commento. Vorrei però traslare quanto detto dalla Corte in un ipotetico caso, che alla resa dei conti è molto diffuso sui luoghi di lavoro: il dipendente che, pur provvisto di corretti Dispositivi di Protezione Individuale (scarpe, guanti, otoprotettori, casco ecc.), per qualsivoglia motivo ne faccia un utilizzo saltuario o al limite non se ne serva mai. Il fatto di aver consegnato ai dipendenti un DPI NON esonera il Datore di Lavoro dalle responsabilità legate al mancato utilizzo del medesimo. L'idea del legislatore ed, in ultima analisi, della Corte di Cassazione è quella che il Datore di Lavoro (o i suoi delegati, Dirigenti e/o Preposti) sia anche uno strumento di controllo continuo interno all'azienda, uno strumento di sensibilizzazione alle tematiche della sicurezza e di incentivazione all'utilizzo degli strumenti protettivi. Fornire un paio di scarpe (o qualunque altro DPI) e non vigilare sul loro corretto e continuo utilizzo equivale in toto a dichiarare una scala inagibile e non verificare che effettivamente nessuno ne faccia uso; sono situazioni per le quali, secondo il legislatore, la negligenza del lavoratore, non configurandosi come "abnormità", viene pagata sotto forma di mancanza di controllo da parte del lavoratore.

Non dimentichiamo quindi che la normativa antinfortunistica mira a tutelare il lavoratore anche dalla sua stessa avventatezza, negligenza e disattenzione, a patto che non sia verificata la condizione di "abnormità" (comportamento completamente estraneo dalla mansione affidata al lavoratore e messo in atto per esclusiva iniziativa del lavoratore medesimo).

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