Per la posizione datoriale servono pieni poteri

24/03/2022
Autore: Dott. Paolo Aceti

Per la posizione datoriale servono pieni poteri


Pubbllicata la sentenza di cassazione del ricorso presentato dalla procura di Savona contro  l'ad Di Intesa San Paolo che aveva dato la qualifica di datore di lavoro  ad un altro dirigente: 

   

 

 

REPUBBLICA ITALINA

In    nome del Popolo Italiano   A

UV CORTE SUPRENA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

 

 

Composta da:

 


LUIGI I'•IARINI DONATELLA GALTERIO ANGELO MATTEO SOCCI ANDREA GENTILI

LUCA SEMERARO

 

ha pronunciato la seguente


-   Presidente -

 

-   Relatore -

 

 

 

 

 

SENTENZA


Sent. n. sez. Ù* UP - 15/02/2022

R.G.N. 25975/2021


 
   

 


sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SAVONA

nel procedimento a carico di:

MESSINA CARLO nato a ROMA il 06/04/1962

 

 

 

avverso la sentenza del 03/06/2021 del GIP TRIBUNALE         di SAVONA

 

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

 

 

 

 

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA FILIPPI: "Inammissibilità del ricorso";

Lette le conclusioni deII’Avv. Guido Carlo Alleva : "Inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso del P.M.".

 

 

 

 

 

 
   


RITENUTO IN FATTO

 

  1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, interessato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, ha assolto con sentenza del 3 giugno 2021, emanata ex art.129 cod. proc. pen. con la formula perché il fatto non sussiste, il Sig. Messina Carlo dai reati a lui ascritti: a) artt.29, primo comma e 55, primo comma Iettera A) del d.lgs n.81 del 2008; b) artt.17, primo comma, Iettera B) e 55, primo comma, Iettera B) del d.lgs. n.81 del 2008. Reati accertati il 5 giugno 2020 e proseguiti fino al 12/11/2020.

Tali condotte sono riferite alla valutazione del rischio (DVR) connesso alle “malattie trasmissibili pandemia Covid —2019” oggetto del DVR n.24 del 20/5/2020 e alla designazione del responsabile per la sicurezza.

 

  1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona ha proposto ricorso in cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.

2.1.   Violazione di Iegge per avere il giudicante erroneamente interpretato il dato normativo e pronunciato sentenza assolutoria.

In estrema sintesi, il ricorrente sostiene che la qualifica di “datore di lavoro”, rilevante ai fini delle violazioni contestate, compete a Messina Carlo quale consigliere delegato, CEO e capo azienda di Intesa San Paolo. L’art.2 del d.lgs. 81 del 2008 definisce il datore di Iavoro come il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la responsabilità dell’organizzazione in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il datore di Iavoro può, in via generale e salvo quanto si dirà, delegare i suoi poteri a un soggetto specifico che possieda i requisiti richiesti dalla Iegge. Nel caso in giudizio, la delega è stata effettuata al dipendente, avente qualifica di dirigente, Fabio Rastrelli con atto notarile. L’art.17 del d. lgs. N.81 del 2008 esclude, però, in modo espresso che la facoltà di delega operi per la valutazione dei rischi e per la designazione del responsabile per la sicurezza. Secondo il ricorrente, il dato letterale della norma appare insuperabile. Conseguentemente l’imputato deve essere chiamato a rispondere delle omissioni contestatigli neIl’imputazione ed errata risulta la sentenza di assoluzione qui impugnata. Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

2.2.     Carlo Messina ha depositato ampia memoria nella quale illustra la questione e analizza la giurisprudenza sul concetto di datore di lavoro e ha chiesto di dichiararsi inammissibile il ricorso della Procura.


2.3.      Il Procuratore generale ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso, risultando errata la riferibilità del reato alla condotta di violazione del divieto di delega, dovendosi, piuttosto, avere riguardo alla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi e alla mancata designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

  1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Savona.
  2. Letta la motivazione della sentenza impugnata, la Corte ritiene che occorra rimuovere subito un potenziale equivoco. Ciò che viene in luce nel presente procedimento è la omissione di atti dovuti da parte del sig. Messina e non ha alcun rilievo il tema, collegato ma distinto, della validità ed efficacia del documento di valutazione del rischio (DVR) rispetto a soggetti terzi, inclusi i dipendenti e i lavoratori. Parimenti, resta estranea al presente giudizio la tematica relativa all’eventuale responsabilità in capo al datore di Iavoro in caso di eventi dannosi successivi alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza oppure alla adozione del DVR.
  3. La motivazione della sentenza deve essere esaminata partendo dalla circostanza di fatto, che Io stesso Tribunale ritiene accertata e condivisibile, che lo stesso Sig. Rastelli ha dichiarato che, sulla base della delega ricevuta, egli doveva essere ritenuto titolare del rapporto di Iavoro “in senso prevenzionale/sicuristico”, ma “non anche in senso giuslavoristico”. Questa circostanza impone di concludere che la posizione giuridica del sig. Rastelli non è assimilabile a quella del datore di Iavoro come fissata dall’art.2, lett.b) del d.lgs. n.81 del 2008. Tale disposizione, infatti, individua il datore di lavoro nella persona che è “titolare del rapporto di Iavoro” o che comunque “ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” con riferimento a tutta l’operatività aziendale. L’unicità del concetto di datore di lavoro impone di escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi e che la medesima organizzazione, ove unitaria, o una sua unità produttiva possano conoscere la compresenza di più datori di lavoro.
  4. L’interpretazione dell’art.2, citato, nei termini ora esposti trova conferma in plurime decisioni di questa Corte, a partire dalla sentenza n.18200/2016, Grosso e


altro, del 7 gennaio 2016, che affronta alle pagg.9-11 il tema di chi debba essere considerato “datore di Iavoro” in relazione ai poteri di gestione dell’intera unità organizzativa.

Una ancor più chiara lettura del dato normativo riferita a organizzazioni complesse e articolate su più unità organizzative si rinviene nella sentenza Sez.4, n.32899 dell’8/1/2021, PG/Castaldo, In particolare, alle pagine 481 e 482 si Iegge:

”La previsione normativa che prefigura la possibilità di avere nell’ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di Iavoro non permette di proiettare gli effetti del singolo ruolo datoriale sull’intera organizzazione. La costituzione di un datore di Iavoro all’interno di una più ampia organizzazione per effetto dell’articolazione di questa in più unità produttive presuppone che sia individuabile ed individuata siffatta unità per le cui necessità di funzionamento il soggetto chiamato a gestirla viene dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari. Si stabilisce, così, una relazione biunivoca tra tale soggetto e l’unità organizzativa, tale per cui egli diviene in essa — e solo nell’ambito di essa — datore di Iavoro. In realtà organizzative che presentano simile connotazioni si determina la contestuale presenza di un datore di Iavoro al vertice dell’intera organizzazione — che pertanto potrebbe dirsi ‘apicale’ - e di uno o più datori di Iavoro che potrebbero definirsi ‘sottordinati’. Infatti, per essi il ruolo datoriale non elide il vincolo gerarchico verso il datore di lavoro ‘apicale’; la particolarità è che tale vincolo si esprime con modalità che non intaccano i poteri di decisione e di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell’unità produttiva. Quando invece tali vincoli si riflettono anche su tale gestione, è da escludersi che ricorra un datore di Iavoro sottordinato, profilandosi piuttosto un dirigente (per una applicazione di tali assunti si veda Sez. 4, n. 18200 del 07/01/2016, Grosso e altro, Rv. 26664001, in motivazione).

“Il datore di Iavoro sottordinato è quindi destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro la e in funzione della gestione della sicurezza nell’ambito dell’unità organizzativa affidatagli. Esemplificando, egli sarà tenuto ad eseguire la valutazione di tutti i rischi connessi alle attività lavorative svolte nell’unità; a redigere il documento di valutazione dei rischi; a nominare il medico competente ed il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione. Quella stretta connessione che Io stesso disposto normativo pone fa sì che la valutazione dei rischi non possa attenere a rischi che risultano affidati a diversi datori di Iavoro (per esempio quelli ai quali è stata affidata altra unità produttiva fornita di analoga


autonomia; ma anche quello che resta vertice dell’organizzazione entro la quale sono individuate le diverse unità produttive autonome).

“Proprio per tale motivo è corretta la replica che i giudici di merito indirizzano al rilievo difensivo tendente a valorizzare la previsione di più datori di lavoro, costituiti dai Capi del compartimenti territoriali; una volta individuato il rischio come non specifico delle attività svolte nella singole attività, tanto che la sua gestione presuppone poteri non disponibili a quei datori di Iavoro, è del tutto conseguente che la valutazione di tale rischio è oggetto di un obbligo che fa capo al datore di Iavoro ‘apicale’.”

  1. Una volta escluso che l’atto notarile sopra richiamato avesse per oggetto l’intera organizzazione e l’intero rapporto giuslavoristico, deve concludersi che Io stesso Rastrelli non rivestiva la qualifica di datore di lavoro, rimasta in capo al sig. Messina, ma era stato investito di una delega parziale di funzioni e responsabilità che non includeva l’attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all’intera struttura organizzativa.
  2. A tale conclusione consegue che il sig. Messina restava unico titolare degli adempimenti previsti in materia di sicurezza, non delegabili ai sensi dell’art.17 citato. Si tratta di adempimenti che egli pacificamente non ha curato, così che deve accogliersi l’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero.
  3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Savona per nuovo giudizio alla Iuce dei principi qui affermati.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Savona in diversa persona fisica.

 

Così deciso il 15/02/2022

 

 
   

 

 
   

 

 

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